martedì 30 novembre 2010

La libreria del buon romanzo, di Laurence Cossé

Vi voglio parlare di questo libro perché è un po’ speciale, perché è un libro che parla dei libri.
È la storia di un libraio un po’ ribelle(possiamo chiamarlo “alternativo”) e di una ricca donna (italiana) che in una Francia dei nostri giorni cercano di creare una libreria perfetta, nella quale si possano vendere solo i “buoni romanzi”, i libri più amati. Francesca ed Ivan, i protagonisti del racconto decidono quindi di lanciarsi in questa avventura e di mettere in piedi quest’attività a prima vista un po’ improbabile… Prima di tutto chi è che avrebbe dovuto scegliere i libri? I conti sarebbero quadrati? L’amore per la letteratura sarebbe bastato per mandare avanti un progetto così particolare?
I due amici decidono che la scelta delle opere che avrebbero fatto parte della loro libreria doveva essere fatta da lettori incalliti, esperti in letteratura. Scelgono otto scrittori contemporanei che secondo loro erano il meglio che la Francia potesse avere in quel momento e fanno stillare ad ognuno di essi una lista di 600 romanzi. La lista doveva contenere le opere che secondo loro non potevano mancare dalla libreria ideale. Raggiungono così il considerevole (o no?) numero di tremila trecento nove libri. Dopo l’apertura, La libreria del buon romanzo ha un successo insperato, cosa che suscita da una parte la gioia dei proprietari e dall’altra un’inaspettata invidia da parte di altri. Le cose precipitano e poi… vi lascio scoprire da soli il seguito…
Quello che mi ha colpito di questo libro (e penso quello che mi ha tenuto incollato al racconto fino alla fine) è che anch’io sono della stessa opinione dei protagonisti:  ad oggi, le librerie sono tutte più o meno uguali, propongono quasi la stessa scelta di libri e spesso non si sa cosa scegliere. Quante volte mi sono trovato in una libreria e sono uscito a mani vuote… ma non per ragioni finanziarie, anche se (per me) non è affatto un aspetto da trascurare, ma perché si trovano poche opere che ti attraggono, che ti magnetizzano a tal punto da comprarle. Ed io ho smesso da un pezzo di fidarmi delle proposte degli editori, anche se ogni tanto cado nella trappola e scelgo questo o quel libro solo perché è stato pubblicizzato con tutti i mezzi possibili (radio, tv, giornali, internet ecc.) o perché è stato stampato da una particolare casa editrice. Ovviamente non è sempre così, ho trovato molti libri che mi sono piaciuti tantissimo anche tramite i canali di cui vi parlavo prima. Lo stesso libro oggetto di questo post è stato scelto da quei pochi esposti sullo scaffale delle novità di una grande libreria, e quindi oggetto di massicce campagne di promozione. Mi sembra bella l’idea di avere la possibilità di entrare in un posto dove puoi essere sicuro che il cento per cento delle proposte sono state già accuratamente selezionate da qualcuno in grado di valutarle dal punto di vista puramente letterario.

Mi è subito piaciuta l’idea di una libreria nella quale si trovano solo romanzi belli, opere che meritano di essere lette perché hanno un valore artistico, perché possono insegnarti qualcosa, perché  possono semplicemente farti sentire bene. Forse alla fine non è così utopico questo progetto -  se solo si trovasse qualcuno che mettesse a disposizione i soldi necessari e che fosse disposto a perdere tutto per l’amore per la letteratura…
Nel libro si parlava anche di un abbonamento che molti clienti avevano sottoscritto: ogni mese questi lettori ricevevano un lotto di tre romanzi che venivano scelti dal libraio, in base alle sue preferenze. Il lettore poteva anche specificare un genere particolare, un paese di provenienza dello scrittore oppure un autore in particolare. Sarebbe bello poter fare una cosa del genere anche nella realtà, peccato che non si trova (almeno io non l’ho trovato fino adesso) un libraio che sia abbastanza disinteressato all’aspetto economico per poter scegliere un libro solo in base al suo valore letterario.

Sperando di non avervi svelato troppo (o troppo poco), vi auguro buona lettura!

martedì 23 novembre 2010

Exit Through the Gift Shop – documentario sulla Street Art

Ho voluto vedere questo documentario perché avevo già studiato le opere di Banksy, il famoso graffitaro inglese (originario di Bristol) che ha dato un altro significato alle parole “Street Art”. Mi piacciono i suoi lavori, li trovo geniali: pieni di contraddizioni che ti fanno pensare, immagini allegoriche e comiche allo stesso modo, piene di colori e sfumature.. Non dico che i graffiti non fossero già apprezzati prima di lui, ma sicuramente facevano parte di un movimento ed un modo di esprimersi molto particolare di cui pochi riuscivano a cogliere le sfumature - molti li consideravano solo un modo di sporcare le mura delle città…  Banksy ha portato questo movimento ad essere considerato a tutti gli effetti unarte. I suoi lavori vengono venduti all’asta per decine di migliaia di sterline, ed i prezzi stanno salendo…

Il documentario oggetto di questo post non parla solo di Banksy, anzi posso dire che parla soprattutto di altro, come ci racconta lo stesso Banksy… Nella creazione della pellicola la storia ha preso un’altra piega, in quanto il cameraman che ha girato le immagini e che ha seguito in giro per il mondo tutti i grandi graffitari è diventato lui stesso un artista. Il suo nome è Thierry Guetta, un francese che negli anni settanta è emigrato negli Stati Uniti dove ha fatto una vita normale, a parte la sua passione/ossessione per la cinepresa (secondo me è un po’ pazzo, se guarderete il film capirete…). Dopo anni e anni che seguiva per il mondo tutti questi artisti di strada, un giorno incontra Bansky il quale stranamente accetta di avere vicino a se e di essere ripreso da questo francese pazzo e un po’ incosciente…  I due diventano amici e compagni d’avventura, con Thierry che riprende tutto senza interruzione. Su consiglio di Banksy, Thierry crea un documentario usando le riprese che lui stesso aveva fatto durante gli anni. Il risultato è disastroso – un video inguardabile, pieno di scene scollegate, opera di un vero squilibrato. A questo punto il suo amico inglese gli suggerisce di delegare a lui la creazione del documentario e di prendersi una “piccola pausa creativa” – Thierry accetta il suo consiglio ma interpreta male il concetto di “piccola pausa” – crea infatti centinaia e centinaia di opere - sculture, graffiti, stampe, installazioni e decide di aprire una mega-mostra dove poter esprimere tutta la sua creatività… Dopo aver venduto tutto quello che possedeva, allestisce questa mostra “mostruosa”a Los Angeles e chiede l’aiuto di Banksy e di altri artisti per la promozione. L’evento diventa un successo e lui, dopo due mesi di esposizione riesce a vendere opere per oltre un milione di dollari…

Il film è divertente, ve lo consiglio se vi piace l’arte e se siete interessati ad osservare un po’ di vita “underground” (preciso che i graffiti sono illegali, o per lo meno la loro regolamentazione è avvolta in una specie di “penombra legale” come la chiamano gli inglesi…). Buona visione!

Qui sotto trovate qualche immagine del film e qualche opera di Banksy, giusto per farvi un‘idea:

Banksy così come appare nel film, il suo volto è sempre oscurato per ovvie ragioni legali.



Thierry Guetta, il francese che da cameraman amatoriale diventa artista.


Un po’ di opere outdoor (click per ingrandire).


Un po’ di opere indoor (click per ingrandire).










domenica 14 novembre 2010

Emigrazione

Emigrazione [e-mi-gra-zió-ne] s.f.
      1. Spostamento da una zona all'altra di persone singole o gruppi in cerca di lavoro o per cause politiche || emigrazione interna, quella che avviene da una regione all'altra dello stesso stato | emigrazione esterna, quella che avviene da uno stato all'altro
      2. estensione: emigrazione di capitali, loro trasferimento all'estero per evadere il fisco o per investimenti
      3. Migrazione di animali
   
Anche se ad oggi la seconda definizione della parola “emigrazione” ha un significato molto forte ed è molto attuale, oggi vi vorrei parlare dell’emigrazione intesa come spostamento da una zona all'altra di persone singole o gruppi in cerca di lavoro o per cause politiche.
Negli ultimi anni ho tralasciato (o forse inconsciamente rimosso…) i ricordi degli anni da extracomunitario (vi ricordo che la Romania fa parte della comunità europea dal 01.01.2007) e vi assicuro che non sono stati bellissimi: ogni sei mesi, 1 anno o per chi era più fortunato 2 anni, ti dovevi presentare in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno. Ore ed ore di code senza fine (anche 12…) per poi arrivare davanti al funzionario della polizia che ritirava i documenti. Poteva anche succedere di ricevere una risposta del tipo: ti manca questo o quell’altro documento, oppure ti manca il timbro di questo o quell’altro  ente ed allora ecco che avevi fatto 8, 10 o 12 ore di coda per niente. Di chi era la colpa? Non l’ho mai capito… Sito internet della questura, funzionario della questura  numero uno, funzionario della questura numero due, straniero vicino a te in coda – da queste “fonti” spesso le informazioni erano discordanti. Spero che la situazione sia migliorata…

Detto questo non posso non essere d’accordo con gli immigrati che stanno ancora protestando sulla gru, a Brescia. Non è possibile che gente che ha lavorato 2, 4 8, 10 anni in Italia in nero, facendo guadagnare fior di quattrini ai propri datori di lavoro venga espulsa o gli venga negato il diritto ad essere regolarizzata… In più dopo aver pagato 500 euro allo stato più eventualmente svariate migliaia di euro a qualche sfruttatore che si è proposto di presentare la richiesta di sanatoria… Ovviamente per me queste questioni hanno una valenza particolare, essendo stato anch’io un immigrato che girava per Torino con quella famosa striscia di carta (la ricevuta della domanda di regolarizzazione) di cui ho sentito parlare ad Anno Zero.. addirittura avevo fotocopiato questa ricevuta e giravo con la fotocopia, perché avevo paura di perderla.. (in caso di perdita e di un eventuale controllo documenti da parte delle autorità sarebbe stato quasi impossibile dimostrare che avevo richiesto il permesso di soggiorno, quindi potevo essere espulso...).

Forse tutta questa storia della clandestinità fa comodo a qualcuno. O a tanti. Altrimenti non si spiega quest’accanimento(che è iniziato con la legge Bossi-Fini) del non voler regolarizzare queste persone.  Forse è ora di smettere di credere a quello che racconta questo o quell’altro governo è di iniziare a pensare a come risolvere il problema. Un immigrato messo in regola (come me) paga le tasse, contribuisce quindi all’arricchimento del paese ed è da considerare una RISORSA e non un peso mentre quelli irregolari (che secondo Franco Pittau, responsabile del Dossier statistico della Caritas Migrantes sono intorno al milione) creano ricchezza solo ai propri datori di lavoro, non sono per niente tutelati (vedi il numero sempre in crescita delle morti bianche) e sono persone che vivono nella paura – dopo il lavoro sono costretti a stare in casa per paura di essere fermati e arrestati in quanto clandestini.
Per finire vorrei fare una paio di considerazioni sugli immigrati che delinquono. Mi è stato chiesto da più di una persona come mai gli immigrati (in particolar modo quelli romeni) delinquono, più di quanto non lo facciano nel paese d’origine. A loro ed ha tutti quelli che se lo chiedono vorrei dire:
1.       Che ne so io? Non sono mica Buddha o qualche altro profeta cristiano o pagano… Si presume che io, essendo romeno, capisca di più cosa succede nella psiche dei miei connazionali – non è vero, siamo tutti essere umani ed in quanto tali siamo imprevedibili. Inoltre io non sono laureato in psicologia o sociologia.

2.       Per quanto riguarda la Romania posso dire che si delinque meno rispetto all’Italia, l’ultima volta che sono andato la gente mi ha confermato quest’impressione – e qui ognuno di noi dovrebbe chiedersi come mai…  Forse in Italia le leggi sono troppo blande con chi decide di prendere la strada sbagliata?  Non dico che le leggi dovrebbero essere dure come negli Stati Uniti, dove sono esagerati… Pensate che nello stato della California un ladruncolo di nome Jerome Sanders è stato condannato all’ergastolo per  aver rubato una bicicletta, in base ad una legge secondo la quale la terza volta che delinqui non esci più di galera… Piccola parentesi: quest’ultima informazione è stata presa dal  numero 10/16 Settembre 2010 del settimanale Internazionale (ricordo ai possessori di Iphone che esiste una App gratuita di Internazionale che vi permette di scaricare gratuitamente l’edizione della settimana precedente). In Italia invece si procede sulla linea della depenalizzazione dei reati (!?), specie di quelli finanziari (il più “famoso” è il falso in bilancio) – qui vi rimanderei (per chi ha voglia di leggere) ad un articolo sull’Espresso che parla della corruzione e di come sia oggi più difficile scovare questo reato a causa della depenalizzazione di cui vi parlavo prima: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/corruzione-si-ferma-cosi/2137255/8
Paradossalmente rischia di più uno che ruba un deodorante in  un supermercato piuttosto che un altro che si intasca un milione di euro tramite un escamotage di tipo finanziario…

Per chi volesse approfondire la vicenda degli immigrati sulla gru a Brescia, vi consiglio questo piccolo ma significativo articolo: Medioevo Brescia di Giulio Cavalli

Ciao

martedì 9 novembre 2010

Vieni via con me – con Saviano e Fazio


Che bello… Bella l’idea, bella la canzone, belle le persone che vi hanno partecipato…
Poi, l’idea degli elenchi… spettacolare, toccante, inedita  – Vendola che legge gli elenchi sui gay con quella fierezza e determinazione e umiltà… Lui si che forse sarebbe un bravo presidente del consiglio!
Guardando il programma, mi sono venuti in mente un paio di elenchi, che adesso vi illustrerò:

MI PIACE la vita, amo la mia compagna, la mia famiglia, amo il mio paese, amo il (vostro) paese, mi piace amare, sentirmi amato, mi piace lavorare, mi piace la gente che mi circonda, amo Torino, sono contento della mia vita e di quello che sono riuscito a fare fino adesso, cerco di vedere sempre il bello nelle cose, ho rispetto per le leggi (perché penso che rappresentino le fondamenta di una società libera), pago le tasse, mi sveglio tutti i giorni con una voglia di scoprire cose nuove, però…

NON MI PIACE come l’Italia stia cambiando… non mi piace il razzismo, non amo la gente violenta (anche se il cattolicesimo nel quale sono cresciuto dice che bisogna amare tutti gli essere viventi allo stesso modo...), odio la criminalità organizzata, odio l’ignoranza in particolare perché penso che sia la base di tutte le disgrazie, non mi sento rappresentato dalla classe politica attuale (si, penso che anch’io ho il diritto di avere un' opinione politica ed il diritto al voto, anche se penso che passerà  ancora un bel po’ di tempo  fino a quando un immigrato potrà scegliersi il presidente del consiglio), non mi piace il clientelismo, i fannulloni, i concorsi truccati, il menefreghismo,  l’invidia, l’avarizia, lo smog…
Vi invito a leggere un articolo intitolato “ La Svezia è un paese per giovani” di Viola Afrifa che mi (ci) è stato proposto da Marco (grazie!):
Ora, sicuramente la verità sta, come sempre, da qualche parte in mezzo… La Svezia sicuramente non sarà il paradiso terrestre, ma leggendo l’articolo ti viene una leggera voglia di andare via… Un giovane italiano (sicuramente ancora di più uno romeno) che si trovasse davanti a quella prospettiva ci deve pensare bene prima di dire di no ad una tale opportunità…

E io? Resto qui o me ne vado? 

Beh, penso che resterò, almeno per adesso…
Resto perché penso che la situazione può e DEVE migliorare..
Resto perché qui ho trovato l’amore, ho trovato gente brava, simpatica, felice nonostante tutto…
Resto perché l’Italia è un paese meraviglioso, pieno di tradizioni, di gente intelligente, intraprendente, pieno di risorse, di ottimismo (anche se ultimamente è sempre più dura a rimanere ottimisti..).  
Resto perché ho letto “Gomorra” (ho fatto un po’ di fatica, lo ammetto..) e vorrei che la situazione cambiasse – non penso che un popolo si possa arrendere di fronte ad un’organizzazione che per quanto organizzata è sempre CRIMINALE!
Resto anche perché in Italia si mangia da dio! 

Ciao