martedì 22 febbraio 2011

La Romania del 1987

 Voi lo sapevate? Sul sito di La Stampa è stato pubblicato un archivio storico, con la possibilità di fare ricerche testuali. Si va indietro addirittura fino al 1867! Una cosa straordinaria, mi vengono in mente quei film americani dove il giornalista che voleva fare una ricerca doveva recarsi in biblioteca e perdere magari giorni e giorni per trovare la notizia che gli interessava… Oggi con un click puoi trovare di tutto. Speriamo che l’iniziativa sia d’esempio anche per altri giornali (e non solo giornali, magari anche istituzioni, biblioteche ecc.)
Ma sono sicuro che molti di voi erano già a conoscenza dell’archivio, quello che vi volevo far vedere è un articolo che ho trovato sulla Romania, in particolare nell’edizione di La Stampa di venerdì 14 agosto 1987, cioè circa 2 anni prima della rivoluzione che ha sconvolto tutta l’Europa dell’est. Per me è stato molto interessante vedere come era vista la Romania dagli italiani, a quell’epoca avevo 6 anni… Molte cose me le ricordo anch’io, ma leggendo l’articolo sono venuto a sapere delle cose nuove! Dovrò farmi raccontare di più dai miei genitori, è un pezzo del mio passato che non devo dimenticare… In genere dovremmo avere rispetto del passato dei nostri genitori, dei nostri nonni e magari pensare a tutte le difficoltà ed i sacrifici che hanno caratterizzato buona parte della loro esistenza, utilizzare cioè tutta la loro esperienza per vivere meglio, per guardare le cose da un altro punto di vista.
Quindi, per non dimenticare, vi illustro di seguito l’articolo che ho estratto da questo meraviglioso archivio di La Stampa e che parla della Romania del 1987. Ovviamente la situazione è “leggermente” cambiata, stiamo parlando di 24 anni fa… Quindi non vi spaventate di quello che leggerete, vi posso assicurare che ad oggi la Romania è un paese a livello europeo , anche se abbiamo ancora un po’ di strada da fare per allinearci completamente ai nostri partner della Comunità Europea…

Pagina originale di LA STAMPA, numero 190 del 14.08.1987
Per chi avesse difficoltà a leggere l’articolo direttamente dall’immagine di sopra, questa è la trascrizione:

L'impossibile vacanza della povera Romania - Viaggio nei luoghi di villeggiatura dell'Europa Orientale: il Paese socialista dove la crisi economica si fa sentire in modo più drammatico
  • Scarseggiano elettricità e generi alimentari, la benzina è razionata
  • Vietato andare all'estero
  • Ma sulle spiagge del Mar Nero gli alberghi sono esauriti
Le città e i villaggi della Romania sono al buio. Dopo il tramonto è pericoloso percorrerli in automobile, ombre di passanti, di cavalli, di bovini sbucano dalle tenebre nella luce dei fari. Soltanto nella capitale, Bucarest, le strade sono illuminate, peraltro debolmente, e dalle finestre delle abitazioni filtra la luce di singole lampadine. Nelle località di villeggiatura, invece, i grattacieli degli alberghi sono una luminaria americana. E' cosi ormai da cinque anni, e d'inverno è dura, perché l'energia elettrica è razionata. Pertanto per quella metà dei 24 milioni di romeni che ogni anno vanno in ferie, la vacanza significa non soltanto sole, ma anche elettricità e televisione, equivale a un ritorno nel ventesimo secolo per almeno due settimane.
Altri invece sono talmente abituati al buio che non sentono il bisogno dell'elettricità. Come cinque studentesse della minoranza magiara di Cluj in Transilvania che frequentano l'unica università ungherese in Romania, quella di Tirgu Mures. Sono stato ospite nella loro tenda piantata su un argine nel delta del Danubio. Lo hanno raggiunto dopo un viaggio di ventiquattr'ore in treno e in battello, che quaggiù non si arriva per via di terra. Per loro, come per migliaia di connazionali che campeggiano sparsi in questo enorme triangolo d'acqua di oltre 80 chilometri di lato, dove ci si nutre di pesci, dove bisogna bollire l'acqua prima di berla e dove si rischia di perdersi nel labirinto di canali in mezzo alla foresta, dove le zanzare sono feroci, la vacanza è evasione totale.
Le cinque studentesse vorrebbero viaggiare, andare all'estero. Ma non possono perché la Romania è l'unico Paese dell'Europa comunista (se si esclude l'Albania, che fa politica a sé), il quale non permette ai suoi abitanti di uscire dal confini. Sotto questo punto di vista i romeni stanno peggio e invidiano perfino i tedeschi della Germania Orientale (il che è tutto dire!), i quali possono muoversi almeno nei Paesi socialisti e andare persino nella Corea del Nord, a Cuba e in Mongolia, stanno peggio dei polacchi, dei cecoslovacchi, degli ungheresi che hanno limitazioni soltanto di natura valutaria. Ai romeni sono permesse soltanto escursioni organizzate in comitiva verso i Paesi socialisti e ferie In Occidente soltanto su invito di parenti di primo grado i quali paghino tutto, anche il viaggio. E ciò anche soltanto ogni due anni. L'anno scorso in agosto le studentesse di Cluj hanno potuto fare una gita a Budapest (che considerano la loro patria) per il Gran Premio automobilistico di F1. La settimana scorsa, per la medesima occasione, il permesso è stato loro rifiutato.
Senza luce, dunque, i romeni, e bloccati entro i confini. Ma come fate a far funzionare i frigoriferi con quest'ondata di calore?, domando. «Nessun problema — risponde una delle ragazze — tanto non abbiamo nulla da mettere in fresco». E come fate ad adattarvi all'idea di rimanere in eterno prigioniere in Romania? «Niente paura — è la risposta —. Veniamo a vivere per un mese quaggiù in messo ai cormorani, ai pellicani, ai gabbiani, ai cigni, ai martin pescatori, diventiamo loro amici, trascorriamo le giornate a pescare storioni, lucci, carpe, sgombri enormi. Qui viviamo l'avventura esotica, qui è la nostra Amazzonia. E la sera, dinanzi al fuoco, con una chitarra, cantiamo le vecchie canzoni magiare».
E' l'ultima lunga vacanza per Eva, una delle cinque ragazze. Sta per laurearsi, andrà a lavorare in un'azienda di Stato e l'anno prossimo avrà solo quattordici giorni di ferie e 2100 lei (circa 300 mila lire) di stipendio. Sarà destinata a un'altra città, metà dello stipendio andrà per una camera in subaffitto, l'altra metà per cibo e vestiario, non le rimarrà nulla per le ferie. E non potrà rubare «come fanno tutti gli altri, perché rubare allo Stato non è un delitto», perché sarà destinata a un ufficio dove non c'è nulla da intascare.
 In Romania oggi ad essere taglieggiati sono soprattutto .gli stranieri. Rubano i camerieri (come quello dell'albergo Napoca di Cluj che fa pagare due panini l'equivalente di tre sue giornate di salario), rubano i poliziotti che estorcono le sigarette all'automobilista fermato per un controllo, rubano i doganieri che fanno pagare in valuta e non danno il resto, rubano i benzinai che destinano il carburante al mercato nero, altrettanto fanno i camionisti e le scuole guida. Quello della benzina, insieme con l'elettricità e il divieto di andare all'estero, è un altro grave problema dei romeni. Un disastro per chi vuole andare in vacanza perché (esclusi sempre i privilegiati abitanti di Bucarest) ogni romeno ha diritto a soli 35 litri di carburante al mese. Il risultato è che durante i mesi invernali l'automobilista di questo Paese un tempo grande produttore di petrolio (le armate corazzate di Hitler invasero l'Unione Sovietica con carburante romeno) è costretto a risparmiare i buoni benzina per le vacanze estive.
Ma il vacanziere romeno, anche se ha i buoni benzina, non ha risolto i suoi problemi. Deve fare i conti con le code ai distributori che sono pochissimi, come quelle che ho visto a Mangalia, stazione balneare nel Sud della Romania. Alle 7 del mattino da un lato una era lunga 750 metri, quella dall'altra parte più di 900 metri. «Da quanto tempo aspetta?», ho domandato a uno dei primi, con la famiglia addormentata sulla sua Lada. «Sono qui dalle cinque — ha risposto sorridendo. Tra poco sarà il mio turno. Per stasera sarò a casa, a Iasi nel Nord». L'automobilista straniero, che paga in valuta, non aspetta in coda. Lui ha la “prioritate”, fa il pieno a una colonnina particolare e ha un senso di colpa vedendo i romeni in penosa attesa che lo guardano con invidia.
Sono abituati ad attendere i romeni, più ancora dei polacchi. Ho calcolato — racconta Mircea, meccanico ingegnoso — che trascorro ogni giorno due ore e messo ad aspettare qualcosa, il dieci per cento del mio tempo, 35 giorni l'anno». All'albergo Ovidiu di Mamaia, di prima categoria, il menu non elenca i prezzi ma i “timp de asteptare”, i tempi di attesa. Una “salata de fructe” — per esempio — dura trenta minuti. In realtà si fa desiderare anche per un'ora.
La Romania — e anche questo è un unicum nei Paesi socialisti — non esiste la dacia, la casa di campagna. Per legge è vietato possedere più di un'abitazione. Per cui chi vuole andare in vacanza ha quattro possibilità: le ferie collettive col sindacato, l'albergo, la casa dei parenti, la tenda. Quaggiù, nel paradiso naturale del delta, ai confini meridionali della Russia europea, l'ultima è preferita, benché comporti disagi supplementari come quello di procurarsi il cibo. A parte il pesce che ciascuno pesca per conto proprio, quaggiù non si trova praticamente nulla.
A Tulcea, animato centro di smistamento turistico, con le grandi navi «Banat- e «Galati» cariche di turisti e i modernissimi aliscafi “Poseidone” e “Sitaru” che sfrecciano tra i canali, nei negozi non si trova frutta, soltanto pere striminzite, non ci sono né carne, né formaggio, né latte, per il pane si fa la coda, l'acqua minerale e introvabile, tutto è destinato agli alberghi di vacanza. Forse per questo dinanzi a tutti i distributori di birra c'è sempre ressa di gente assetata. Grande produttrice di carne, di cereali, di frutta, di latticini, la Romania è allo stremo alimentare perché quasi tutto il prodotto è destinato all'estero per pagare i debiti dell'industrializzazione.
Il rovescio della medaglia turistica romena lo si trova lungo la costa Sud. A Mamaia, a Costanza, la città dove il poeta Ovidio fu mandato a morire in esilio, a Eforie e nei moderni falansteri dai nomi classicheggiami: «Neptun», «Saturn». «Jupiter... -Venus... Laggiù, dove i voli charter scaricano ogni anno quasi tre milioni di turisti, lungo il litorale capace di 200 mila posti letto in alberghi, colonie, case private e campeggi, dove la pensione completa per un romeno costa 28 mila lire al giorno in un albergo medio (ma dallo straniere capitalista si pretende cinque volte tanto), le parole d'ordine sono “organizzazione” ed “efficienza”. Le comitive di viaggio dominano, il turista programmato è il prediletto, racconta Nichita Ion, della direzione locale e fa capire che quello privato è poco gradito, a lui e riservato un solo albergo di gran lusso, l'”International”. In questi giorni l'albergo e affollato di maschi italiani con vetture rombanti e denaro facile, in cerca di avventure.
A Mamaia l'acqua del Mar Nero è gelida, ma almeno non è la brodaglia immonda di Sulina, qui all'estremo del delta II Danubio vi scarica i rifiuti di otto Paesi, di 80 milioni di abitanti sparsi su un'area di 800 mila kmq. A Mamaia, inoltre, l'aria e inquinata dalle industrie di Costanza. Ma negli alberghi-silos che lavorano a catena i turisti, la vacanza e veramente vacanza. I romeni che sono il 90 per cento degli ospiti dimenticano qui i disagi di tutto l'anno, non hanno la soggezione del grande albergo, i servizi funzionano. Qui c’è da mangiare e da bere per tutti, non si fanno — come a casa — le code per il pane, per la carne, per il latte.
Tutto sommato, per i romeni la vacanza e un gran momento. Lo dicono tutti nonostante i sacrifici. E" vero, non si può andare all'estero, e costa fatica procurarsi la benzina. Ma c'è da mangiare in abbondanza e c'è la luce. “A che cosa serve la luce?” — domanda polemico Jula Nicolae dell'ufficio promozione del ministero del Turismo a Bucarest, quando metto il dito sulla piaga di un popolo costretto a vivere al buio. Voi giornalisti parlate sempre male della Romania. Ma dopo tutto anche i nostri padri sono vissuti senza elettricità e non si sono lamentati. Io preferisco vivere oggi con la luce razionata e stringere la cinghia per dare un avvenire sicuro ai miei figli».
Tito Sansa - (14.08.1987) LaStampa - numero 190

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